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we can or we make ….?

DOPO “ YES WE CAN” E’ LA VOLTA DI “MAKE AMERICA GREAT AGAIN”

Ti cambio lo slogan e anche l’amministrazione; tra muri, espulsioni, clandestini, il post elezioni: c’è chi trionfa e chi contiene le lacrime.

Ora che gli Stati Uniti hanno eletto il nuovo Presidente il resto del mondo resterà in apnea per vedere come riserverà il post elezioni, dopo le sue forti dichiarazioni durante la campagna che sono rimbalzate sulla Stampa di tutto il mondo lasciando a bocca aperta gran parte dell’opinione pubblica. Negli States in migliaia in queste ore stanno esprimendo il proprio dissenso gridando lo slogan “ Not my presidente”, non sono mancati incidenti con le forze dell’ordine ed arresti.

Contro ogni previsione però Donald Trump (piaccia o meno)  c’è l’ha fatta, dopo una lunga,quanto complessa battaglia elettorale il magnate repubblicano è stato nominato 45°Presidente degli Stati Uniti d’America. Una Campagna Elettorale ricca di colpi di scena e qualche colpo basso archiviati i quali all’indomani della vittoria, che ha letteralmente spaccato in due il paese, il tycoon newyorkese si mostra all’America con un discorso dai toni più moderati e pacati rispetto a quelli usati durante la corsa per le presidenziali.

La sua rivale, Hillary Clinton, ha espresso il proprio rammarico e delusione mostrandosi fortemente emozionata per non essere riuscita a “ sfondare” quel muro che, ha garantito, prima o poi vedrà una donna al timone dell’America; dunque si, delusione e rammarico tante, ma anche “ savoir faire” notevole accogliendo la sua sconfitta con dignità, andandosi a congratulare con il suo sfidante, dichiarando di collaborare nel corso degli anni a venire.

E per un inquilino che entra un altro è pronto ad uscire, passando il testimone, pronto a lasciare la “White House” dopo otto lunghi anni di amministrazione; eletto nel 2008, riconfermato nel 2012 per il secondo mandato Barak Obama, il primo presidente afro Americano, ha guidato il paese impostando la propria guida a favore delle fasce più deboli, dei diritti civili, dell’ “ Obama care” e altri punti cari alla sua amministrazione a favore di quelle fasce di popolazione più svantaggiate;  otto anni in cui è accaduto di tutto e di più soprattutto per quanto riguarda la politica internazionale, con gli ultimi due anni trascorsi con il fiato tirato con il peso sulle spalle del califfato, una vera spada di Damocle che grava ancora oggi purtroppo sulla testa del mondo intero.

Bisogna capire ora come proseguirà la partita tra “ Dem vs Rep”, per il momento l’inning se lo sono aggiudicato i Repubblicani, o se invece la collaborazione tra i due schieramenti sarà tale da consentire un dialogo “ amichevole” e una partnership in grado di proseguire il cammino intrapreso dopo i cupi anni che hanno preceduto Obama. Nel frattempo Trump sta tornando alla carica pronto a mantenere una delle sue promesse che tanto hanno allarmato i benpensanti come apprendiamo dalle sue parole “” Quello che faremo e’ buttare fuori dal Paese o incarcerare le persone che sono criminali o hanno precedenti criminali, membri di gang, trafficanti di droga“, e fin qui non pensiamo ci sia nulla di tanto terribile. Si prevede quindi l’espulsioni di molti clandestini, circa tra i 2/3 milioni che hanno precedenti penali.

Se però dal versante Democratico, il team Clinton/Obama tanto per intenderci, non ha ottenuto quei consensi di chi sperava in un cammino più “ tranquillo”, moderato nei termini espressi in Campagna elettorale, un motivo forse ci sarà sul quale dovranno interrogarsi gli elettori della fazione opposta. La speranza era ci fosse quella continuità al lavoro svolto nei precedenti 8 anni in cui Obama era in carica pronta ad avere la meglio sull’avversario Repubblicano che ora salito al trono ha lo scettro con il quale bisognerà vedere come amministrerà il paese; volendo dar retta allo slogan usato in Campagna, Donald Trump in che modo manterrà fede a quel “Make America great again” piaciuto tanto agli oltre sessanta milioni di elettrici ed elettori?

Intanto per restare al futuro prossimo l’insediamento alla Casa Bianca con il passaggio di consegne avverrà il 20 Gennaio 2017 quando Donald Trump l’orso, l’uomo nero (non per il colore della sua pelle in questo caso) dipinto come il terrore e l’incubo di tutto il pianeta prenderà il posto di Barack Obama. Non bisogna poi sottovalutare il sentimento che forse avrebbe ispirato il tycoon il quale avrebbe riverberato come una cassa di risonanza quel malcontento di parte della popolazione a stelle e strisce, traducendo in termini chiari ed evidenti il tono dei suoi elettori; dunque una parte del paese è con lui e con quel pensiero che tanto spaventa i “puritani”.  Insomma si è fatto portavoce di quella fetta di elettori dei quali ha saputo tradurre lo spirito, interpretandone in maniera irruente parte di una realtà che forse potrebbe esser sfuggita a qualcuno.

Per quanto apparisse favorita Hillary Clinton sembrava riflettere invece la luce di un’America certo complicata e contraddittoria, pronta ad impedire al “cattivo di turno” di prendere le redini del paese pena forse la convinzione che gli elettori erano tutti con lei, invece si è vista sfilare via il titolo, con amara sorpresa sua e del suo establishment, in maniera tanto sorprendente. Restando all’imminente presente, dopo l’incontro avvenuto con il Presidente Democratico uscente Obama, durato circa un’ora e mezza, durante il quale nonostante le differenze sembrerebbe aver aleggiato un’atmosfera di cortesia e pronta collaborazione, ora di fatto gli Stati Uniti d’America saranno governati per i prossimi 4 anni da un Presidente Repubblicano, euroscettico tanto da non garbare a Junker forse anche per il forte sostegno di Trump ai rapporti tra gli USA e la GB, al punto da voler riportare nello Studio Ovale il busto di un Inglese d’eccellenza: Winston Churchill.

Mentre intanto hanno fatto tanto discutere le sorti dei rifugiati politici da quest’altra parte dell’Oceano contro i quali volevano ergersi recinzioni e muri per contenere il flusso migratorio per sfuggire alle schegge di una guerra che va avanti ormai da troppo tempo, c’è chi pensa di arginare invece il flusso messicano che proviene da Sud ormai da anni adottando grosso modo le stesse misure pensate proprio da quei paesi dell’UE che tanto desiderano chiudere le proprie frontiere. Ma tra il dire e il fare…c’è di mezzo il mare, un mare di incertezza, così profonda che noi conosciamo molto, troppo bene forse se pensiamo al Sud del Mediterraneo.

Cristian ARNI