Intervista con il Potere….. nelle parole di Oriana Fallaci
Il Corriere della Sera con l’iniziativa «Le parole di Oriana» ha scelto di ripubblicare alcuni dei suoi interventi, presi dalle sue pubblicazioni, che mantengono anche dopo molto tempo una forza straordinaria.
Questa è l’intervista del 1970 all’attentatrice palestinese Rascida Abhedo tratto da Intervista con il potere, Rizzoli 2009.
Sembrava una monaca. O una guardia rossa di Mao Tse-tung. Delle monache aveva la compostezza insidiosa, delle guardie rosse l’ostilità sprezzante, di entrambe il gusto di rendersi brutta sebbene fosse tutt’altro che brutta. Il visino ad esempio era grazioso: occhi verdi, zigomi alti, bocca ben tagliata. Il corpo era minuscolo e lo indovinavi fresco, privo di errori. Ma l’insieme era sciupato da quei ciuffi neri, untuosi, da quel pigiama in tela grigioverde, un’uniforme da fatica suppongo, di taglia tre volte superiore alla sua: quella sciatteria voluta, esibita, ti aggrediva come una cattiveria. Dopo il primo sguardo, ti apprestavi con malavoglia a stringerle la mano, che ti porgeva appena, restando seduta, costringendoti a scendere verso di lei nell’inchino del suddito che bacia il piede della regina. In silenzio bestemmiavi: «Maleducata!». La mano toccò molle la mia. Gli occhi verdi mi punsero con strafottenza, anzi con provocazione, una vocetta litigiosa scandì: «Rascida Abhedo, piacere». Poi, rotta dallo sforzo che tal sacrificio le era costato, si accomodò meglio contro la spalliera del grande divano in fondo al salotto dove occupava il posto d’onore. Dico così perché v’erano molte persone, e queste le sedevan dinanzi a platea: lei in palcoscenico e loro in platea. Una signora che avrebbe fatto da interprete, suo marito, un uomo che mi fissava muto e con sospettosa attenzione, un giovanotto dal volto dolcissimo e pieno di baffi, infine Najat: la padrona di casa che aveva organizzato l’incontro con lei.
Come lei, essi appartenevano tutti al Fronte Popolare, cioè il movimento maoista che da Al Fatah si distingue per la preferenza a esercitare la lotta coi sabotaggi e il terrore. Però, al contrario di lei, eran tutti ben vestiti, cordiali e borghesi: invece che ad Amman avresti detto di trovarti a Roma, tra ricchi comunisti à la page, sai tipi che fingono di voler morire per il proletariato ma poi vanno a letto con le principesse. La signora che avrebbe fatto da interprete amava andare in vacanza a Rapallo e calzava scarpe italiane. Najat, una splendida bruna sposata a un facoltoso ingegnere, era la ragazza più sofisticata della città: in una settimana non l’avevo mai sorpresa con lo stesso vestito, con un accessorio sbagliato. Sempre ben pettinata, ben profumata, ben valorizzata da un completo giacca-pantaloni o da una minigonna. Non credevi ai tuoi orecchi quando diceva: «Sono stanca perché ho partecipato alle manovre e mi duole una spalla perché il Kalashnikov rincula in modo violento». Stasera indossava un modello francese e il suo chic era così squisito che, paragonata a lei, la monaca in uniforme risultava ancor più inquietante. Forse perché sapevi chi era. Era colei che il 21 febbraio 1969 aveva fatto esplodere due bombe al supermercato di Gerusalemme, causando una carneficina. Era colei che dieci giorni dopo aveva costruito un terzo ordigno per la cafeteria della Università Ebraica. Era colei che per tre mesi aveva mobilizzato l’intera polizia israeliana e provocato Dio sa quanti arresti, repressioni, tragedie. Era colei che il Fronte custodiva per gli incarichi più sanguinolenti. Ventitré anni, ex maestra di scuola. La fotografia appesa in ogni posto di blocco: «Catturare o sparare». La patente di eroe. Al suo tono strafottente, provocatorio, ora s’era aggiunta un’espressione di gran sufficienza: la stessa che certe dive esibiscono quando devono affrontare i giornalisti curiosi. Mi accomodai accanto a lei sul divano. Lasciai perdere ogni convenevole, misi in moto il registratore: «Voglio la tua storia, Rascida. Dove sei nata, chi sono i tuoi genitori, come sei giunta a fare quello che fai». Alzò un sopracciglio ironico, tolse di tasca un fazzoletto. Si pulì il naso, lenta, rimise in tasca il fazzoletto. Si raschiò la gola. Sospirò. Rispose.