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75 anni e tanti auguri alla calze di nylon

Furono immesse sul mercato il 15 maggio del 1940, quando la Germania era in piena guerra ed inizialmente costavano come il mensile di un’impiegata

Il compleanno delle calze di nylon

A che deve la Germania lo straordinario boom del dopoguerra? Al Maggiolino della Volkswagen, ai suoi televisori e lavatrici, alle macchine utensili? Non solo. Anche a una piccola invenzione che, a suo modo, ha rivoluzionato la nostra vita. Le calze di nylon, o perlon, vendute a milioni in tutto il mondo. 

Le calze di seta erano un simbolo di lusso, di lussuria, di peccato. Un sogno inarrivabile per molte donne. Costavano un patrimonio ed erano delicate. Un gesto distratto e svanivano. Durante gli anni di guerra, e subito dopo, le ragazze arrivavano a farsi «dipingere» le agognate calze, e pazientemente le segnavano con una linea nera dalla caviglia fin su dove arrivava l’immaginazione. Un capolavoro di make-up e di desideri frustrati. Di lui e di lei. Le calze di nylon segnarono una rivincita sociale.

Oggi si celebra la data ufficiale di nascita, il 15 maggio del 1940, quando si era già in guerra, e l’Italia vi sarebbe entrata 26 giorni dopo. Come sempre per le invenzioni, si disputa su chi fu il creatore e sul luogo. In Europa o negli Stati Uniti? Sia di qua sia di là, a Berlino e negli Stati Uniti, e ci si mise d’accordo per spartirsi brevetti e utili. Il nylon al di là dell’Atlantico, il perlon nel Vecchio Mondo.

Paul Schlack, ricercatore della IG Farben, inventò le calze in seta artificiale, diciamo, a sua insaputa, il 28 gennaio del 1938. Dal suo laboratorio uscì la nuova fibra artificiale, ancora in grumi spessi due o tre centimetri. Una materia elastica eppure resistente. Da tempo, su incarico della sua società, cercava di creare la seta artificiale. Schlack partì per gli Usa dove il chimico della DuPont, Wallace Hume Carothers, aveva da poco creato una fibra sintetica, il nylon, regolarmente brevettato.

Mentre Hitler si preparava a conquistare l’Europa, il chimico di Berlino cercava un’intesa con la concorrenza: la sua fibra era diversa, ma, per avviare la produzione, era indispensabile trovare un accordo. E così fu. Esteticamente, il suo perluran, poi battezzato perlon, sembra identico al rivale americano, ma chimicamente è del tutto diverso. Altra la struttura molecolare. Le due società si scambiarono pacificamente i rispettivi segreti. Ma questo alle donne non interessa.

 Nell’estate del 1938, nella fabbrica di Oberlungwitz, in Sassonia, uscirono le prime calze artificiali: elastiche, economiche, resistenti alle smagliature. Gli americani, meno sensuali, dapprima usarono il nylon per gli spazzolini da denti. Nel ’39, all’Esposizione Universale di New York, furono presentate le prime calze in nylon della DuPont. Si era autorizzati a prenotare tre paia a testa, in tre ore furono vendute 4 mila paia. Il 15 maggio fu battezzato come il «N-Day», il giorno della commercializzazione, non dell’invenzione, e in 24 ore furono venduti 5 milioni di paia. Ma costavano ancora l’equivalente dello stipendio mensile di una segretaria.

In Germania, le calze «democratiche» furono riservate alle mogli dei dirigenti della Ig Farben. In guerra, non si pensa all’eleganza femminile. Il perlon e il nylon vengono impiegati nell’industria bellica: si fabbricano paracadute e vengono utilizzati per gli pneumatici degli aerei. Paul Schlack viene decorato con la croce di guerra di prima classe. Il suo collega e rivale americano, invece sprofonda nell’alcolismo e nella depressione. Carothers si uccide con una capsula di cianuro. Con la sconfitta del III Reich, la fabbrica del perlon rimane a Est, oltre la cortina di ferro. Ci saranno calze «comuniste» e «capitaliste».

Nella Ddr, il nylon o il perlon sarà ribattezzato Dederon. Ad Augsburg, all’ovest, nel 1949 vengono prodotte 15 tonnellate di perlon. Un successo economico: nel 1951 vengono vendute 30 milioni di paia, al prezzo di dieci marchi. Nel ’55, saranno 100 milioni di paia, prezzo 3 marchi. Senza il perlon e il nylon, negli Anni Sessanta non sarebbe arrivata un’altra «invenzione»: con le minigonne le calze non vanno bene, ed ecco la nascita del collant. Cambia la moda perché cambia la società. Le gambe delle donne non sono più, o non solo, un simbolo erotico. Ma una sfida. La comodità e la praticità prevalgono sulle fantasie maschili.

articolo di Roberto Giardina via Italia Oggi