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Ottobrata Romana

Ottobre a Roma: un mese unico per il clima, la luce, gli odori. Quante volte in questo periodo dell’anno esce fuori l’ottobrata romana. Oggi dirlo serve per elogiare il piacevole prolungamento dell’estate, ma da dove viene? Cos’era in origine l’ottobrata romana.

 

Le ottobrate romane erano le feste che chiudevano la vendemmia, in pratica erano delle scampagnate “fori porta”, delle gite domenicali che si svolgevano a Roma nel mese di ottobre. Erano organizzate al solo scopo di svago e evasione sia per i nobili che per il popolo, che partivano divisi ma poi in preda all’allegria e al buon vino si mescolavano. Ci si vestiva il più eccentrici possibile, le donne ornate di fiori e piume.

 

Le gite avvenivano di giovedì; di mattina presto dai rioni cittadini partivano alcune carrettelle (trainate da cavalli bardati e adornati di sonagliere) sulle quali sedevano sette ragazze vestite a festa. La comitiva era composta, inoltre, dalla bellona, seduta accanto al carrettiere, e da uomini, parenti ed amici, che seguivano il carro a piedi.

Il programma era a base di giochi come bocce, ruzzola, altalena e alberi della cuccagna; poi c’erano i canti, balli, stornelli, vino a fiumi e grandi mangiate: durante le “scampagnate” non mancavano mai gnocchi, gallinacci, trippa e abbacchio.

Si suonava con tamburelle, chitarre e nacchere e soprattutto si ballava il saltarello, le cui movenze erano spesso accompagnate da un ritornello che recitava:

“birimbello birimbello

quant’è bono ‘sto sartarello

smòvete a destra smòvete a manca

smòvete tutto cor piede e coll’anca”.

Le mete classiche delle gite erano il monte Testaccio, le campagne intorno a ponte Milvio, le vigne poste tra Monteverde e porta San Pancrazio o fuori porta San Giovanni e porta Pia. Le ottobrate discendevano dalle feste baccanali e dionisiache degli antichi Romani, celebrazioni legate al ciclo delle stagioni.

Giggi Zanazzo, studioso di tradizioni popolari romane così descrive le tipiche Ottobrate romane:

“Siccome Testaccio stà vvicino a Roma l’ottobbere ce s’annava volontieri, in carozza e a piedi. Arivati llà sse magnava, se bbeveva quer vino che usciva da le grotte che zampillava, poi s’annava a bballà er sartarello o ssur prato, oppuramente su lo stazzo dell’osteria der Capannone, o sse cantava da povèti, o sse se giôcava a mora”. E racconta poi di come il ritorno a Roma fosse molto più chiassoso della partenza: “la sera s’aritornava a Roma ar sôno de le tamburelle, dde le gnàcchere e dde li canti… E ttanto se faceva a curre tra carozze e ccarettelle che succedeveno sempre disgrazzie”.

La tradizione delle Ottobrate, sopravvissuta alla fine del governo papale, rimase viva fino ai primi anni del Novecento ma ancora oggi, quando parliamo del bel tempo in ottobre, diciamo “che bella ottobrata!”.

articolo di Filippo Anivitti via theromanpost