Ai cinesi piace più il caffè
Cina, il caffè piace più del tè; la classe media cambia i suoi gusti ed è boom per la tazzina
In Cina, la classe media, in costante crescita, sta cambiando i suoi gusti. E si concede piccoli lussi come un caffè macchiato da 5,97 dollari (5,3 euro), quanto lo fa pagare Jim Lee, nato in California, trasferitosi in Cina quattro anni fa per aprire la sua caffetteria gourmet. Il successo della tazzina è stato rapido e il suo coffee shop si è ampliato molto velocemente.
All’inizio i clienti erano in maggioranza giovani professionisti cinesi e stranieri, ma adesso il target si è allargato a tutte le età. «È un mercato che sta esplodendo quello del caffè», dice Lee, e va in controtendenza rispetto al calo della domanda di altre materie prime (commodities) in conseguenza del rallentamento dell’economia del Dragone. Tuttavia la frenata del pil non ferma, però, il boom del caffè. Un bel risultato in un paese di bevitori di tè, e nonostante il prezzo alto della tazzina.
La domanda è in ascesa anche per altri piccoli lussi, come la frutta fresca di importazione, sempre più richiesta dai cinesi della middle class.
Il caffè illustra al meglio questa trasformazione del gusto in Cina dove il consumo dell’arabica è in crescita, a quota 4,5 miliardi di tazzine l’anno, ma ben al di sotto del Nord America dove si bevono 133,9 miliardi di caffè in un anno secondo le cifre fornite da Euromonitor International. Nel quinquennio 2014-2019 il consumo di caffè in Cina potrebbe crescere del 18%, sempre secondo Euromonitor, contro lo 0,9% atteso per gli Usa nello stesso periodo.
Il caffè esercita un’attrazione particolare anche perchè rappresenta lo stile di vita occidentale per i consumatori cinesi della classe medio-alta che vivono nelle città, in contrasto con il tè percepito come la classica bevanda della tradizione, a giudizio degli analisti di cibo e bevande della società specializzata Bmi research di Londra. Una buona notizia sul fronte dei prezzi del caffè, attualmente scesi ai minimi per effetto della saturazione del mercato e del calo del valore della moneta brasiliana, il real. L’aumento dei prezzi dei chicchi è attraente per le fazende del Brasile, maggiore produttore mondiale di caffè di alta qualità e il paese potrebbe tornare a scommettere sul rialzo futuro del prezzo dell’arabica, calato del 30% nel 2015, ora intorno a 1,19 centesimi la libbra con consegna a dicembre.
Barclays mette il caffè in cima alla lista delle materie prime, oro e argento compresi, che potrebbero beneficiare ulteriormente del cambiamento dei gusti in Cina dove l’economia è sempre più orientata ai consumi piuttosto che continuare a essere guidata da export e investimenti pubblici. Le previsioni di intermediazione relative alle importazioni di caffè indicano che triplicheranno entro il 2020 rispetto agli ultimi cinque anni, in controtendenza rispetto alle importazioni cinesi di altre materie prime agricole come soia, olio, riso, cotone, frumento, che, invece, subiranno una contrazione nel periodo 2014-2020.
La popolazione della Cina è così numerosa da fare del paese il maggior consumatore di derrate: mangia all’incirca il 30% della produzione globale di riso e l’1% della produzione di caffè per il quale è previsto un ulteriore, enorme, potenziale di crescita.
Vino e cioccolato figurano gli altri acquisti più ambiti dalla popolazione cinese sempre più urbanizzata, nonostante il rallentamento dell’economia e il giro di vite sui regali esercitato dalla politica anticorruzione del governo di Pechino che ha penalizzato anche questi due prodotti. Tuttavia, gli analisti prevedono che la domanda crescerà grazie al mutare dei gusti spinto dall’ampliamento della classe media che è stata capace di spostare significativamente i consumi, incrementando quello del vino, ad esempio, del 700% circa.
Le grandi catene di caffè come Starbucks Corp. e Pacific Coffee Co. hanno aperto punti vendita nelle principali città di tutto il paese e hanno delineato obiettivi di crescita ambiziosi. Starbucks ha 823 negozi in Cina e spera di superare i 3 mila entro il 2019. Pacific Coffee, che conta circa 400 punti vendita a Hong Kong, dove è presente dal 1992, si aspetta una forte crescita nei prossimi cinque anni.
Articolo di Simonetta Scarane via ItaliaOggi