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L’ITALIA SOTTINTESA

Vigili urbani a dirigere il traffico, domenica 24 gennaio alle ore 10 antimeridiane, sulla via Cassia, gremita nei suoi due lati di gente d’ogni età, i più in divisa. Vigili affannati a proteggere moltissime persone variopinte e molte divise con la penna o le penne sul copricapo, a far cenni ai colleghi piccoli per la lontananza a nord o a sud del loro punto, per permettere l’afflusso che si è sciolto nel consueto costume da messa domenicale di uomini e donne che non cessavano di occupare aiuole e vialetti del giardino-monumento ai caduti dell’ARMIR, in ricordo ad un eroismo che sui libri di storia attuali appare solo in trafiletto, come cosa della quale ci si vergogna.
Ma non è così: i ragazzi, quelli non imbestialiti dal rock duro o da altre porcherie estetiche e ignoranti, chiedono intorno di cosa esattamente tratti questa manifestazione e perchè. Un vècio alpìn carico di medaglie risponde ai tòsi dipingendo brevemente l’eroico atto di guerra e la notte ansiosa che lo precedette, ed accenna con voce non più limpida ai canti intonati fra compagni, fra i quali quello struggente della Madonna della montagna, o altri più caldi e vibranti sulla bella lasciata in paese, sulla compagnoneria dei corpi militari, sulla fede alla Patria. I ragazzi tacciono, si guardano fra loro bisbigliando commenti e esaminando le divise. “ Tutti i corpi – chiede uno – hanno combattuto quella notte ?” “Tutti “ risponde il vecchio, “senza mai arretrare, morendo invece di lasciare cadere le armi, come fossero le cime dolomitiche ferme e tetragone all’invasione, come il mare che gridava lodi al coraggio dei soldati, come il vecchio Dio che accoglieva commosso chi cadeva.”
I ragazzi si osservano, poi dicono: ma è possibile credere così? Beati loro. Noi non lo sapevamo, i prof parlano sempre di rivoluzione economica, di proletari che ora non esistono più, (chi ha tanta prole, ora?) di datori di lavoro schiavisti quando adesso di lavoro non si parla più, se non si è hijos de algo, se non si truffa, non si tradisce, non si finge. C’erano le banche a Nikolajewka?. No – risponde l’alpìn, c’era il dovere.
La fanfara esplode improvvisa, arrivano al trotto i Carabinieri a cavallo, poi i Bersaglieri muniti di tromba, che tendono al cielo esplodendo in una marcia allegra, poi a quadrati tutti gli altri corpi, bandiere, il leone sublime di San Marco, insegna amata e calpestata da barbari d’oltreeuropa. “ Ecco – dice un ragazzo – non so che farei per fare tornare i Marò – o il Maro’, che importa? : la prof dice che ha ucciso, ma io penso che gli indiani sono paraculi. E’ italiano e se ne approfittano perchè qui c’è malcostume. Io a quelli del malcostume je sparerei, così sparisce il marcio, e finalmente ci rispettano. Non ci interpellano mai – interviene un uomo – vogliono loro le invasioni fingendo accoglienza, per mobilitare soldi che entra solo nelle loro tasche, vogliono loro le prepotenze fatte da chi viene qui e chiede da mangiare “à la carte” come in un hotel, loro prendono le tasse e ci fanno bagordi , alberghi a cinquestelle ed escort, ci comprano anche le mutande firmate per la suocera. L’Italia vende le industrie, le eccellenze artistiche, i monumenti, le imprese artigiane, agricole, commerciali. Dov’è l’Italia? Nascosta sotto cumuli di menzogne, e con l’avallo di un’istruzione addomesticata. Ragazzi, andate a scoprire l’Italia porta a porta, voce a voce, negli angoli adornati di memorie di ogni città, nei libri che la scuola trascura, e in voi, per trovare ancora quel germoglio nascosto e fortissimo che ci ha reso esempio magnifico per le genti di tutto il mondo, per sentire nelle fibre rimbombare la forza della vera maggioranza, quella che non chioccia come il Presidente del Senato esprimendo un voto che un’istituzione non può per legge esprimere. Ragazzi, su le maniche, facciamo loro vedere chi siamo. Sia Nikolajewka il nostro punto di rinascita.

                                                         Marilù GIANNONE