Qualcosa di grande da riscoprire
Il sole del Venezuela riaccende Roma ed il suo credo
In occasione del 205 Anniversario della Liberazione del Venezuela, il 5 luglio l’Ambasciata ha offerto un ricevimento con un ampio spazio espositivo dedicato ai quadri, posti su cavalletti in bell’ordine sul prato di Villa Dino sotto la luce naturale del tardo pomeriggio, di un artista di fama internazionale, MARCELO BOTTARO.
MARCELO BOTTARO è nato a Montevideo, da genitori italiani, ed ha eletto Roma a musa ispiratrice di una gran parte delle sue opere, pur avendo fatto parlare di sé l’Europa e la sua Terra natale. Ciò che colpisce subito di esse, attirando oltre lo sguardo, il pensiero, è la luce piena senza violenza dei soggetti ritratti, vedute o personaggi che siano. Una luce che avvolge e che comunica in modo diretto e sicuro il motivo della creazione dell’artista e la tensione verso la meta alla quale la sua personalità attende. Si indaga fra oggetti, segni, colori, si segue una via che una serie di cartigli apparentemente misteriosi suggeriscono, e si scopre l’incanto di una dimensione umana messa a dura prova dagli attuali tempi materialisti, vale a dire quella dell’equilibrio, dell’unione, dell’amore.
L’esposizione è ripartita senza distacchi in quattro fasi, la prima delle quali è uno studio, già superato dall’idea creativa, dei grandi maestri italiani, soprattutto Caravaggio nella “Missione di S.Matteo”, anche se per il disegno di animali si è vista l’esperienza fatta sugli acuti tratti del Duerer e sulla tradizione del Cinquecento italiano. Le armature, i cavalli sono l’esito di queste osservazioni che l’artista adopera spesso in particolari per esprimere l’idea del corso perenne della vita, una trasposizione ancora più dinamica dell’antico carro solare.
La seconda fase traduce i racconti di viaggio, le conquiste, con il sapore dolceamaro della sua Nazione, ma anche con una coralità ed una sofferenza nella scelta dei colori e degli oggetti, spesso simbolici, che portano le composizioni ad essere linguaggio di tutti i popoli che hanno patito povertà e sopraffazione; l’artista si incarna in ognuno di essi facendo del suo abbraccio una testimonianza sovratemporale della condizione umana ed indicando, nel contempo, la via di uscita dal tormento con la volontà di equilibrio espressa dalle campiture cromatiche, che ammettono per la tessitura a spatola la realtà tormentosa, ed insieme la guariscono con il liscio disegno graffito di tre cerchi. Le tre essenze dell’uomo, impegnate a far vincere il bene.
Su queste considerazioni domina l’uomo, l’uomo come guerriero che fronteggia ogni cedimento alle fascinazioni del vizio e riesce a dominare il suo passaggio anche con qualche inevitabile sosta. La luce diretta della prima fase si espande in questa successiva raccogliendosi nei tratti dove sovrintende il valore, come nell’acrilico intitolato “la Purezza, l’ordine naturale” o dominando il centro della visione come “l’Agguato” vinto in piena luce dal cavallo che porta il guerriero e simbolo di impeto e di vittoria. Il cavallo è, nell’America latina, l’animale per eccellenza, e come in altri paesi è simbolo di Libertà.
A conferma di questo enunciato si ricorda che Bottaro ha eseguito una serie di pitture che evidenziano la forza e l’abilità del grande Bolivar, conferendo a queste il compito di raffigurare la potenza del Libertador che ha condotto i paesi del Sud America alla liberazione .
L’inestinguibile tendenza ad esprimere i propri concetti sull’umanità e sulle vicende storiche e sociali portano l’artista a comporre produzioni di vario genere, senza titolo ma dal significato inconfondibile: nel pieno delle lotte, dei contrasti e seguendo l’energia del proprio credo , la vita si esprime in musica, sgorga dalle corde di un’arpa, irrompe potente dalla mano colpita da luce chiara di un chitarrista. Altri momenti fanno seguito a queste composizioni, confermando la sostanza di Bottaro come uomo e come pensatore: e dunque gli occhi di chi osserva questa esposizione vede guerrieri, impetuosi, bellicosi: Guerrieri del Sole, che combattono perfino a Piazza S.Pietro le forze del male, negandole con i tratti fulminei e decisi dei bianchi su rossi, su bruni. Nella stessa fase un numero di cavalieri corre su campi e tele quasi monocrome, con il privilegio del dominio, con una nobile definizione mediante una serie di linee quasi del tutto geometriche ma snodate, elencate in circoli, morbide e trascorrenti come un garbato galoppo.
Infine un gruppo di tele grandi anche queste, così come lavorate anch’esse a spatola, cantano Roma, Roma senza affollamenti e contrasti, gioiosa come una danza venezuelana. Roma multietnica , rammentata dai particolari ora consueti ora di sapore esotico, espansa in un cielo dorato approntato per raccogliere tutti fra arte e trascorrere del tempo riflesso nel suo fiume. Roma nel velluto delle sue sere, con una radio accesa, lontana, che batte il ritmo latino stretto e trascinante, Roma pensosa nel crepuscolo, che ascolta chiunque giunga fra le sue pietre, nei suoi giardini.
La tavolozza mitiga qui i colori profondi dei momenti suddetti, e si fa più breve il passo fra i particolari, più moderato il suono di ogni elemento, così come la spatola ha tratti più circoscritti e lumeggiature più corpose, pronte ad incarnarsi ed a vivere.
Nella Capitale l’Artista ha il suo culmine e l’inizio ad un novello procedere, perchè in essa trova fondamento il suo credo che, dallo splendere delle sue tele riaccende il richiamo , quasi un ordine, al compito spirituale della Città Eterna: “Parcere victis, et debellare superbos”, e soprattutto dare legge, ordine, e guerrieri di quel sole spirituale, direi alchemico, come nella sua terra el Libertador ha fatto, figlio coraggioso del fuoco segreto di Roma.
Ed è questo il messaggio di Marcelo Bottaro oltre il canto alla vita, ed il legame con la Natura che è dono e rinascita continua nell’amore e nella spiritualità.
Marilù Giannone