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Anniversario di una “Battaglia” – 26.1.1943

NIKOLAJEWKA – commemorata  a Roma, Domenica 25 Gennaio 2015

Forse quel giorno, a Nikolajewka, il cielo era come quello di oggi, velato, a tratti colmo di nuvole, con tratti rosei, con spazi di celeste slavato. Quelli che erano nostri padri e parenti, quelli che credevano all’Italia e non si giravano dall’altra parte se chiedevi dei Marò Girone e La Torre, erano in Russia a combattere anche se la guerra non era sentita, anche se l’ostilità verso i nazisti era presente ed inespressa. Sono caduti, armi in mano, pensieri fuggiti, per i figli. Piccola grande cosa, se si paragonano ai figli del benessere, sbuffanti, indifferenti, irriconoscenti. Sono morti per noi, l’Italia di chi crede.

La via Cassia è chiusa per fare passare squadre di soldati di differenti divise: lancieri, fanteria, bersaglieri, carabinieri, e la gente cammina lenta alle loro spalle e commenta, e forse qualcuno si commuove ancora, c’è qualche bambino sulle spalle del padre che chiede, indica i cavalli che aprono la sfilata, ride per le trombe della fanfara, che fa gonfiare le guance dei soldati.
Oggi tutto è in sintonia, cielo ed alberi coordinati, allineati e non protetti al vento freddo, vento dell’est gelato come la neve nella terra russa, in silenzio le auto ferme con i conducenti a labbra strette come gli arti congelati dei nostri padri del nord, del sud, del centro. Tutto è in accordo, come una pavana per i nostri eroi dimenticati dalla moda, dall’immagine, dal miserrimo governo.
Non possiamo dimenticare, non dobbiamo dimenticare: ancora siamo Italia.
Lasciamo affiorare la fede nostra ingoiata come un duro boccone di imposto buonismo, lasciamo gemere i preti ansiosi di perdere percentuali sulle beneficenze, facciamo tacere Montecitorio ladro e guardiamo la natura intorno, che mai ci affama, i sentimenti che non strozzano di tasse, l’amicizia che ci fa nobili, quel legame dorato che sorge dall’essere ed avere genitori. Non abortite le memorie, amate il bello, il genio, il coraggio, la sagacia.
Andiamo avanti: leggiamo Cicerone, studiamo Galilei, ascoltiamo Verdi, sull’onda dell’imperituro Dante e con loro riattizziamo il fuoco di Nazione. Cacciamo via chi si fa servo di chi ci vuole invasi, umili senza colpe, pontificando con la bocca come un ano di gallina e macchie sul viso come vecchia cattiveria. Riprendiamo l’arma vittoriosa dei nostri valori, l’obbedienza, l’eroismo dei caduti di Nikolajewka. Amiamo il nostro esercito, silenzioso, operoso e misconosciuto. Amiamo la nostra casa, le nostre mani, ripuliamo la nostra terra con la luce della nostra forza, in nome di chi si è sacrificato per noi.

                                                                                                   Marilù GIANNONE