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Benvenuti a Teheran

 

 

 

Dopo la caduta delle sanzioni, da gennaio l’Iran è tornato un importante partner per l’Italia. C’è voglia di brand, e la capitale sta studiando una fashion avenue.

“L’Iran è il luogo di maggiore crescita al mondo” è l’incipit di un articolo di inizio mese comparso su Business Insider. La tesi è semplice: mentre tutto il mondo è in frenata, le prospettive a Teheran e dintorni sono opposte; dopo un blocco di cinque anni di sanzioni, a metà dicembre è arrivato l’Implementation day, giorno della caduta dei provvedimenti internazionali.
Per l’Italia e i suoi marchi del lusso, potrebbe essere l’occasione di una bella boccata d’ossigeno, non a caso, la delegazione italiana di fine 2015 è stata tra le più consistenti alla dell’ex impero persiano. Prima delle sanzioni, secondo un’analisi di Internazionale, l’Italia era il secondo partner europeo dell’Iran, dopo la Germania: nel 2011 l’interscambio (somma di importazioni ed esportazioni) aveva toccato il massimo storico, crollato con le sanzioni ha cominciato lentamente a risalire l’anno successivo e nel 2015, (da gennaio a luglio) ha raggiunto i 959 milioni secondo i dati dell’Ice.
Le esportazioni italiane (1,15 miliardi nel 2014) sono state, fino a oggi, concentrate su macchinari, motori, chimica e materiali in metallo. Ma l’Iran “per la moda è un mercato ad alto potenziale – spiega Shahab Izadpanah, tra i maggiori importatori di tecnologia del Paese, oggi pronto a scommettere sul fashion – dove per un marchio c’è spazio per diventare famoso”. Le ragioni dell’ottimismo poggiano sul buon livello culturale del Paese (77% di alfabetizzazione e una tradizione di ricchezza) e sulla “elevata capacità di riconoscere la qualità, in rapporto al prezzo. Il segmento favorito, per ora è quello più ‘accessibile’, vista la non elevata disponibilità economica procapite e la giovanissima età media (meno di 28 anni) della popolazione di circa 80 milioni di persone (il 24% è sotto il 14 anni).
Ma anche segmenti più alti potrebbero trovare importanti occasioni di sviluppo. “C’è molto desiderio di acquistare brand – riprende Izadpanah – poiché negli anni, viste le problematiche di ingresso, si è amplificato il mercato dei falsi. E questo ha creato la cultura dello shopping oltre frontiera”. Oggi, c’è chi può permettersi gli acquisti in patria. Ma restano da superare gli ostacoli valutari (“c’è ancora una import tax che, almeno sulla carta, può arrivare al 100%”) e quello della distribuzione retail. “L’Iran ha un problema con i department store – spiega l’imprenditore –. non ci sono mall di livello adeguato“. Le griffe che sono sempre rimaste qui hanno occupato gli alberghi più prestigiosi. Ma ora potrebbe aprirsi un nuovo canale: “C’è allo studio a Teheran una Fashion Avenue. Il progetto stiamo iniziando a proporlo ai marchi europei”.
Articolo ripreso da Pambianco Magazine n 4