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DOLORE

Un evento privato raccoglie spesso congiunti e parenti che non si vedono da tempo, poichè trascinati qua e la per le strade asciutte o bagnate delle città, portati a perdere la loro bonomia o a riaccendere la loro aggressività per vie ingombre di traffico e di grida.
La gioia dell’evento è la catena iniziale del loro unirsi seduti, anche davanti ad un tavolo o accomodati su divani e poltrone, e si riannodano fili mai interrotti ma tenuti in sordina per i primari problemi di famiglia, figli, lavoro. Difficile la prevalente animosità qui assente o legata, come un cane alla catena e così ben riprodotta da storie d’oltreoceano, quelle che in TV hanno le indagini su zie maldicenti o segreti di cugini.


Ma, dibattuti i consueti argomenti, affiorano le ammissioni, le confessioni di mali: quelli dati da salute incerta, da scarsità di reddito, e più spesso da scelte ed imprese sbagliate. I visi si appannano, le voci si attenuano, qualcuno scuote il capo, qualche altro si passa le mani sul volto o fra i capelli.
Viene fatto il nome di quelli che non ci sono più  e si ricorda la loro dipartita: sembra un rito, un esaltazione delle loro battaglie, un elenco di talenti o di deviazioni da norme sancite dalla consuetudine forse centenaria.
Emerge, come nebbia dalle paludi, una sembianza nell’aria, un velo grigio, che offende, pugnala: il dolore.
Nelle confidenze o nelle proteste nessuno coglie che è il filo conduttore dell’esistenza, è lui il protagonista, il padrone e signore dei recessi di anime: quel sordo motivo che spinge all’azione per uscire dalle sue fauci e porta ad azioni talvolta affrettate, disordinate, convulse, getta fra gli errori indesiderati o catastrofici. Il dolore è incorporeo ma travolge i corpi. Il dolore è fisico e smembra ragione e memorie. Rende inermi o accasciati, sgomenti a rimuginarne cause e almanaccare rimedi.
Dolore per un figlio deviato, per un legame strappato, per un male incurabile che ha colpito uno dei nostri affetti, per una prova non riuscita: tutti hanno un dolore, si nasce piangendo, una scelta porta a rinunce e decisioni brucianti.
Dolore, perchè?  Perchè forse questo non è il nostro vero luogo e ci si deve adeguare, o perchè l’egoismo domina e, nel vedere solo le proprie istanze, si calpestano gli altri,e viceversa, in ogni caso dimenticando che siamo parti di un tutto, tutti assolutamente diversi ed altrettanto categoricamente necessari alla vita. Non c’è tendenza o rivoluzione, ma meditazione e collaborazione.
Chi è offeso modifica la propria condotta e genera a sua volta modifiche anche dolorose e così via, come i rami degli alberi, senza fine, di generazione in generazione e con infinite varianti, fino a credere che la sofferenza sia la condizione di santità e, se non la si prova al momento, la si finge per un fine misero, o si esagera un’inezia per evitare invidie. Il dolore non è santità: la santità è la vita stessa accettata per un nobile fine: il proprio sé. Un sistema per evitare il dolore può essere quello di restare sinceri e leggersi dentro, senza far prevalere scopi materiali nel nostro cammino. Insieme al tema di moda, la corretta alimentazione, gestiamo la nostra personalità senza ferire, e senza usare gli altri, partecipando, semplicemente.

Marilù GIANNONE