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Gli Italiani vogliono una vita “smart”

Insoddisfatti delle infrastrutture digitali delle città ma con grandi aspettative nelle potenzialità che può avere la ‘networked society’. Il tutto unito a una forte fiducia nei media online rispetto a quelli tradizionali, ma con una gran cautela nell’utilizzo dei dati personali. E’ questo il risultato dello studio “Gli italiani e la società connessa” promosso da Ericsson e realizzato dalla Luiss Business School nel mese di aprile 2015 e presentato in Franciacorta.

Dalla ricerca emerge l’identikit di un cittadino italiano iper-tecnologico (il 40% trascorre più di quattro ore su internet), affezionato al proprio smartphone (il 69% si connette dal cellulare o da tablet) ma che giudica l’organizzazione e i servizi pubblici delle proprie città altamente scadenti. Nonostante quest’ultimo aspetto dimostri il ritardo del nostro Paese rispetto allo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche, la fiducia verso la società connessa è fortemente positiva soprattutto per il miglioramento della qualità della vita e per favorire la crescita economica.

Miglioramento dei servizi pubblici, sanità e istruzione. Una tecnologia vicina può rendere più semplice la comunicazione tra Stato e cittadini per ridurre la burocrazia e introdurre strumenti di e-Government. Queste le aspettative che gli italiani ripongono nella ‘società connessa’ per migliorare le relazioni con le istituzioni.

Ma anche un processo più semplice per snellire i Servizi Sanitari come la creazione di cartelle cliniche digitali personali e accesso immediato alle prescrizioni mediche, come auspica il 48% degli intervistati.

E’ sentito anche il bisogno di un miglioramento nel settore dell’istruzione a cui la ‘networked society’ potrebbe venire incontro con la creazione costante di contenuti educativi di libero accesso su dispositivi elettronici, digitalizzazione delle valutazioni finali e soprattutto lo sviluppo e collegamento con le università estere.

Trasporti pubblici più smart. Ma gli input della ‘società connessa’ potrebbero essere in particolare una svolta nell’organizzazione dei trasporti pubblici nelle città giudicati insoddisfacenti dal 65% degli intervistati: il 31% infatti ritiene che i maggiori benefici possano essere applicati proprio in quell’ambito. In che modo? Attraverso informazioni e aggiornamento in tempo reale sull’arrivo dei mezzi, sistemi informatici per la ricerca di parcheggio e l’introduzione, già avvenuta in alcune città, del biglietto elettronico.

Una trasformazione digitale che quando avverrà potrà fare da volano inoltre alla valorizzazione del made in Italy, del turismo e produttività: lo pensa il 72% degli intervistati che ripone nella società connessa una speranza in più per la crescita economica.

Più fiducia nei media online rispetto a quelli tradizionali. Con lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie gli italiani stanno abbandonando la diffidenza iniziale verso i media online: infatti la maggioranza li ritiene più affidabili di quelli tradizionali. Per il 27% degli italiani in cerca di informazioni, il media che infonde più fiducia è il sito specializzato, seguono i social network (24%) e infine, a pari merito, tv e stampa.

Massima fiducia per l’online ma anche tanta cautela nella diffusione dei propri dati personali: soltanto il 12% è disposto a divulgarli verso qualunque azienda e il 75% ritiene che una maggiore sicurezza nei pagamenti online permetterebbe di incrementare le transazioni commerciali.

“La ricerca che abbiamo condotto insieme alla Luiss mostra come gli Italiani credano fermamente nella trasformazione digitale” ha spiegato Clara Pelaez, head of Strategy, marketing and communications regione Mediterranea di Ericsson. “Gli Italiani infatti apprezzano i benefici che la società connessa può generare in termini di miglioramento della qualità della vita, valore per le imprese ed efficienza per la pubblica amministrazione. Compito di tutti noi è soddisfare questa domanda e guidare il cambiamento attraverso una collaborazione sinergica che sostenga l’innovazione e la crescita dell’intero sistema Paese.”

articolo di Sara Bertuccioli ripreso da Repubblica.it