“Made in”: nessun accordo, tutto rinviato al 2015
ll Consiglio Europeo sulla competitività ha rinviato la questione “Made in” alla prossima presidenza, che passerà dall’Italia alla Lettonia (da gennaio a giugno 2015).
“Non c’è accordo” tra i 28 sul ‘Made in’ perché “non siamo riusciti a trovare una mediazione” in quanto “diversi stati membri tra cui la Germania non hanno una visione comune”. E’ quanto ha riconosciuto il ministro dello sviluppo economico Federica Guidi al termine dell’ultimo Consiglio UE competitività da lei presieduto.
Il dossier relativo alla sicurezza dei prodotti che introduce l’obbligo d’indicarne l’origine, nonostante abbia ricevuto il via libera del Parlamento europeo lo scorso aprile, da mesi è arenato al Consiglio per la contrarietà dei paesi del Nord guidati da Berlino che da sempre osteggiano il Made in perché, a differenza di Italia, Francia e Spagna, da molto ormai hanno delocalizzato oltre i confini Ue gran parte della loro manifattura. «Non siamo riusciti a trovare una mediazione ma è comunque possibile un compromesso».
La fashion industry sperava che il semestre di presidenza italiana potesse accelerare il raggiungimento di un’intesa a favore dell’introduzione dell’obbligatorietà dell’etichetta d’origine, per i prodotti che entrano in Europa, in analogia con quanto già avviene nella maggior parte degli altri mercati.
Come i calzaturieri di Assocalzaturifici che, nelle recenti parole del presidente Cleto Sagripanti, auspicavano una «convergenza delle energie di tutti gli attori istituzionali, affinché il Consiglio Competitività non chiudesse definitivamente le porte al Made in».
«È una doccia fredda per l’industria italiana», ha dichiarato Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa, critica sull’atteggiamento della presidenza italiana, che auspicava più assertivo. E critica anche sui meccanismi europei, che hanno portato a uno schiacciante “sì” al Made in sede di Parlamento Ue, lo scorso aprile a Strasburgo, e poi al mancato accordo tra i governi. La maggior parte dei parlamentari europei avevano approvato l’etichetta d’origine, per permettere in primis una maggiore consapevolezza e protezione dei consumatori. Ma anche per stabilire condizioni di parità per le imprese, sottoposte alla concorrenza sleale di prodotti extraeuropei, che non rispettano le norme Ue in fatto di sicurezza o di ambiente.
“La presidenza confida”, afferma la Guidi, “che questi nuovi dati” attesi da parte della Commissione “ci possano aiutare a trovare una soluzione”. La procedura legislativa non ha però fatto altri passi in avanti durante il semestre italiano. “Ci auguriamo che opzioni alternative come la perimetrazione” dei settori d’applicazione del ‘Made in’ “possano far convergere gli stati membri su una soluzione”, e “come Italia sosterremo la prossima presidenza UE lettone” per arrivare a un’intesa.
L’Italia ha “perso” una “grande occasione per difendere la manifattura italiana rappresentata da 596.000 imprese”. Così il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti ha commentato le conclusioni del Consiglio UE Competitività, che ha rinviato al prossimo semestre la decisione sull`obbligo di indicazione di origine controllata contenuto nella proposta di Regolamento sulla sicurezza dei prodotti.
“Stupisce e preoccupa – sottolinea Merletti – che, proprio nel momento in cui il Governo dedica impegno e risorse per valorizzare le produzioni Made in Italy e per rilanciare investimenti e consumi, in ambito europeo il risultato dell`azione della Presidenza italiana vada in direzione opposta”.
“Confartigianato – conclude Merletti – continuerà a battersi affinchè l`Europa riconosca e approvi l`obbligo di indicare il marchio `Made in` sui prodotti al fine di garantirne la piena tracciabilità, come già avviene nei principali Paesi aderenti al WTO (come USA, Giappone, Canada e Corea). Ne va della difesa del patrimonio manifatturiero dell`artigianato e dell`impresa diffusa, del diritto dei consumatori a una corretta informazione sull`origine dei beni acquistati, della lotta al grave fenomeno della contraffazione”.