Skip to main content

MARCO PANNELLA

Giacinto, il suo vero nome, troppo floreale per il suo piglio guerriero e d’avanguardia, che sfidava tutto e tutti al novanta per cento col sorriso sulle labbra: solo la luce mutevole degli occhi lasciava capire che sarebbe scattato per una risposta, un’iniziativa, un contrasto gridato, lanciato, buttato addosso a ciò che non approvava.MARCO PANNELLA  è stato forse l’ultimo dei veri politici, quelli che non si preparano improvvisandosi interpreti della gente, ma quelli che studiano duro per diventarlo, per gli altri e, come è giusto, perché la politica non è confessionale, per sé, per quell’io ribelle che vuole farsi centro e portavoce.
Guardarsi intorno per individuare chi può somigliargli, in quanto a questo, è arduo: la classe politica si è persa con lo spontaneismo, il sindacalismo, il liberismo. Pannella a suo modo ha voluto spezzare queste tristi transenne e, se non altro, è riuscito a coinvolgere tutti ad una verifica o ad una presa di posizione motivata, anche non in nome di qualche religione o qualche perbenismo.

La morale non era quella della parrocchia, ma quella del buon senso, e pazienza se si doveva ammettere tendenze fuori le righe o al limite del codice, come quello spinello fumato in piazza, per provocare, per scongelare un popolo dormiente sotto la malsana pazienza di secoli di Stato della Chiesa. Un popolo che oggi si fa strappare l’identità alzando pio gli occhi al cielo, senza i digiuni, senza usare come arma la vita, la salute, la credibilità. Pannella sapeva di non perderle, forse più cristiano di quelli che dicono di esserlo: “chi vuol salvarsi la vita, la perderà”. Un popolo che si fa zerbino di stranieri e no, ma che usano la ricchezza ed usa chiamare “signori” quando sono mestatori. Un popolo che crede che la cultura si identifichi con l’odiato borghese guerrafondaio ed ignora invece che, senza cultura, c’è solo povertà e guerra. Pannella era in grado di rispondere a tono e senza pasticciare assunti campati per aria, quando era sul podio e parlava alla gente.
Non si può lasciarlo inosservato, neanche da una parte politica diversa, non si può non stimarlo, anche comprendendo l’enorme beneficio che ha generato con la legge sul divorzio. Non si può non amare la trascinante simpatia dell’uomo, il savoir faire spesso spiritoso o galante, la partecipazione ora gradevole, ora spinosa ed anche una breve conversazione sul “più e meno” finita con un bonario: “resta con me”.

Marilù Giannone