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Mutamenti strutturali in Italia a seguito Guerra 1915-18

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[1] E. Corbino, Annali dell’economia italiana (1861-1914), 5 volumi, I ed., Città di Castello, 1931, 1933, 1934, 1938. Ripubblicati all’interno dell’opera con lo stesso titolo dall’Ipsoa, Milano, 1981 e proseguiti a cura dell’autore del presente saggio fino al 1977 per un totale di 14 volumi (26 tomi), più 3 volumi documentari.

[2] L. Robbins , Di chi la colpa della grande crisi? (E la via di uscita), Einaudi, Torino 1935.

[3] G. Pescosolido, Stato e società, 1870-1898, in Storia dell’Italia contemporanea, vol. I, Esi, Napoli, 1978, p.8.

[4] V. a tal proposito H.A.I. Fisher, Storia d’Europa, Laterza, Bari, 1948, vol.III, pp.364 sgg.

[5] L. Robbins, op.cit., p.19

[6] Comitato di mobilitazione industriale (1915-1918), Alfieri, Milano-Roma, s.d. (1930?), allegato III, p.133.

[7] L. Robbins, op.cit.

[8] E. Corbino, Annali, ecc., vol.V, I ed., op.cit, p.13

[9] A. Lumbroso, Le origini economiche e diplomatiche della guerra mondiale, vol.I, Mondadori, Milano, 1926, p.419.

[10] G. Pescosolido, Stato e società, 1870-1898, op.cit, pag. 8.

[11] F. Ratzel (1944-1904), etnologo e geografo, anticipò la concezione e ne coniò il termine dello “spazio vitale” (lebens raun). Una delle sue opere maggiori è Politische Geographie del  1887.

[12] B. Brunhes, La Géographie de l’Histore, 1921 e Géographie humaine, Parigi, Alcan, 1925.

[13] A. Lumbroso, op. cit., p.384.

[14] A. Pirelli, Economia e guerra, Ispi, Milano, 1940, vol. I, p.116.

[15] v.  E.G. Jellicoe, Playing the game, cit. in Lumbroso, op.cit. vol.II, pp.29-33

[16] In A. Lumbroso, op.cit., p.403. Già nel 1899 Einaudi aveva pubblicato un libro dedicato all’espansione italiana (Il principe mercante). Su questo argomento v. G. Are-M.L.Giusti, La scoperta dell’imperialismo nella cultura italiana del primo Novecento, in “Nuova Rivista storica”, sett.-dic., 1974, genn.apr. 1975.

[17] M. Silvestri, Da guerra a guerra, 1914-1939, Ed. Nuova, Milano, 1980, p.18.

[18] V. Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo, Laterza, Bari, 1969.

[19] Il 9.6.1915 fu costituito il Sottosegretariato Armi e Munizioni che divenne nel febbraio 1916 Ministero delle Armi e Munizioni. Sottosegretario, prima, e ministro poi, fu appunto il generale Alfredo Dallolio, fino al maggio 1918.

[20] Inizialmente i Comitati regionali per la mobilitazione industriale (Crmi) furono 7 (Decreti del settembre e ottobre 1915); successivamente furono portati  a 11 (Decreti del luglio e settembre 1917). Essi ebbero le seguenti sedi e giurisdizioni (gli stabilimenti ausiliari dipendenti al 13.12.1918): Torino per il Piemonte (371); Milano per la Lombardia (545); Genova per la Liguria (200); Venezia per il Veneto (69); Bologna per l’Emilia (104); Firenze per la Toscana (171; Roma per le Marche, Abbruzzo, Molise, Lazio e Umbria (179); Napoli per la Campania, Calabria e circondario di Lagonegro (128); Bari per le Puglie e la Basilicata (escluso il circondario di Lagonegro) (32); Palermo per la Sicilia (185); Cagliari per la Sardegna (32). (In Comitato di mobilitazione civile,  I Comitati Regionali di mobilitazione industriale, (1915-1918), Alfieri, Milano-Roma, s.d. (1930? ), pp. 9, 10 e 121).

[21] Furono classificai in 7 categorie industriali (fra parentesi il numero degli stabilimenti dipendenti): I. Le industrie estrattive del sottosuolo (292); II. Industrie che elaborano e utilizzano i prodotti di agricoltura, caccia e pesca (228); III. Industrie che lavorano e utilizzano i metalli (792) ripartite in a) industrie metallurgiche e siderurgiche (204) e b) industrie delle costruzioni metalliche e meccaniche e industrie delle costruzioni navali (558); IV. Industrie delle lavorazioni dei minerali, metalli esclusi e delle lavorazioni edilizie in genere (126); V. Industrie della lavorazione e utilizzazione delle fibre tessili (75); VI. Industrie chimiche ed elettrochimiche (358); VII. Industrie e servizi corrispondenti a bisogni collettivi e generali (135). Totale degli stabilimenti ausiliari mobilitati al 31.12.1918: 1976 (in Comitato mobilitazione civile, op.cit., pp.119-121).

[22] Sull’argomento v. anche A.Caracciolo, La crescita e la trasformazione della grande industria durante la prima guerra mondiale, in Lo sviluppo economico in Italia, vol.III, Angeli, Milano, 1978, III ed., pp.246-247.

[23] Fonte: A. Pirelli, Economia e guerra, Ispi, Milano, 1940, p.84

[24] Fonte: A. Pirelli, op. cit., p.83

[25] V. per ulteriori notizie R.Bachi, L’Italia economica 1918-22, 8 volumi, Città di Castello, 1919-23.

[26] A. Caracciolo, La crescita e la trasformazione ecc., in Lo sviluppo economico in Italia, op.cit.

[27] «Il ministero degli Approvvigionamenti e consumi alimentari, il quale era succeduto a un Commissario generale, poi Sottosegretario, nel maggio 1918 continuava la propria azione fino al giugno 1919, sostituito poi di nuovo da un Commissario generale» (A. Serpieri, La guerra e le classi rurali, op.cit. pp.193-194).

[28] A.Serpieri (1887-1960), docente di Economia Agraria nell’Università di Firenze. Fu deputato 1929-39 e poi senatore del Regno. Trasformò la materia dell’economia rurale da solo tecnica a un ramo dell’economia politica. Elaborò in particolare il concetto di “bonifica integrale”.

[29] A.Serpieri, La guerra ecc., op. cit., p.69

[30] Furono sotto le armi circa 2 milioni e 600 mila lavoratori agricoli pari al 46% degli effettivi mobilitati (circa 5 milioni e 800 mila uomini). Poiché le forze di lavoro maschili in agricoltura, secondo il censimento del 1911, erano state calcolate in 4 milioni  e 800 mila unità, i lavoratori agricoli scesero a 2 milioni e 200 mila unità pari al 45,8% delle forze maschili agricole prebelliche (A.Serpieri, op.cit., p.49).

[31] Furono razionati in tutta Italia la carne, i grassi, lo zucchero, la farina e il pane. In talune località anche le patate, il granoturco, il riso, l’olio, il latte, il formaggio, il burro, ecc.

[32] Per più ampie notizie v. L. Einaudi, La condotta economica…, cit.; R.Bachi, op.cit.; A.Serpieri, op.cit.; B.Barberi, op.cit.

[33] La rete stradale delle ferrovie aveva raggiunto nel 1915 circa 14.500 chilometri di sviluppo. Nonostante le gravi difficoltà di approvvigionamento dei materiali, durante il periodo bellico furono costruiti 1.200 chilometri di nuovi binari. Inoltre furono eseguiti lavori di rinforzo sulle linee, raddoppi di binari, ampliate le stazioni e i magazzini. In meno di un anno fu costruita la linea Montebelluna-Susegana di 20 km e furono approntati: 150 chilometri di raccordi, 50 chilometri di binari di ricovero, 16 chilometri di binari di accosto a piani caricatori, 57 chilometri di binari per carico e scarico diretto. Infine furono modernizzati gli apparati di sicurezza, i binari di incrocio e quelli di precedenza.

[34] Nel 1915, in un mese, le ferrovie italiane, senza interrompere i servizi ordinari, utilizzarono per la mobilitazione 57.092 carri e 20.420 carrozze con un massimo di 3.300 veicoli in una sola giornata. Nelle linee del Veneto si ebbe un movimento medio giornaliero di circa 360 treni militari con una punta di 380. Nell’autunno del 1917 in seguito al ripiegamento dopo la sconfitta di Caporetto i problemi affrontati riguardarono sia gli sgomberi che l’afflusso di nuove forze e materiali nazionali, delle varie regioni d’Italia e dagli alleati per es. da Modane e Ventimiglia. grazie all’organizzazione realizzata furono salvate al di qua del Piave pressoché tutte le locomotive.

[35] A. Crispo, La ferrovia italiana, storia politica ed economica, Giuffrè, Milano, 1940, p.279, n.2.

[36] F.Tajani, Storia delle ferrovie italiane, Garzanti, Milano, 1939, p.143.

[37] A. De Stefani, La legislazione economica di guerra, Laterza, Bari, 1926, p.403.

[38] S.B. Clough-L. De Rosa, Storia dell’economia italiana dal 1861 ad oggi, Cappelli, Bologna, 1971, p.249

[39] Proprio il giorno prima della dichiarazione di guerra (r.d. 23.5.1915, n.700) il capitale fu elevato a 40 milioni e la possibilità di risconto fu portata a 360 milioni (dllt, 5.11.1916, n.1661). Il Consorzio fu, poi, prorogato più volte, finché nel 1922, in occasione della grande crisi bancaria fu addirittura sdoppiato nella Sezione ordinaria (che impegnava tutti gli enti partecipanti) e nella Sezione speciale autonoma (che impegnava solo gli istituti di emissione). Quando nel 1926 l’emissione di biglietti di Stato fu riservata esclusivamente alla Banca d’Italia, la Sezione speciale fu abolita e quella ordinaria continuò.

[40] B.Stringher, Cenni intorno al Consorzio per sovvenzioni su valori industriali, in Memorie riguardanti la circolazione e il mercato monetario, Roma, 1925, p.70.

[41] Cfr. Dalle carte di Giovanni Giolitti, Feltrinelli, Milano, 1962, vol.III, pp.304-305, la lettera di B.Stringher a Meda, datata 27 ottobre 1920.

[42] Secondo il testo unico sugli istituti di emissione questi erano tenuti a concedere al Tesoro anticipazioni – dette ordinarie – all’interesse dell’1,50% all’anno per fronteggiare le quali emettevano biglietti garantiti da metallo nella proporzione di un terzo. All’inizio della guerra il limite di queste anticipazioni passò da 155 a 495 milioni.

[43] Alle anticipazioni ordinarie si aggiunsero quelle straordinarie a garanzia delle quali lo Stato consegnava Buoni del Tesoro a nome dei singoli istituti, fruttando lo 0,25% senza copertura metallica o equiparata.

[44] Le anticipazioni speciali e le somministrazioni avevano le più diverse destinazioni: alla Cassa depositi e prestiti per fronteggiare ritiri eccezionali dalle casse postali; a Casse di risparmio e altri istituti di credito per analoghe ragioni o per le esigenze derivanti dagli acquisti di derrate nell’interesse generale;  per anticipazioni sui danni di guerra; per il ritiro della valuta cartacea emessa dal nemico nelle zone occupate o per cambiare valuta austro-ungarica.

Su tutto quanto riguarda questi movimenti v. B.Stringher, Sulle condizioni della circolazione del mercato monetario durante la guerra, Banca d’Italia, Roma, 1920.

[45] L. Einaudi, La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana, Laterza, Bari, 1933

[46] La produzione di grano in Italia scese dai 52 milioni di quintali del 1913 ai 46 milioni del 1919, per contrarsi a 38 milioni nel 1920.

[47] L. Einaudi, op.cit., p.359

[48] Decreto del 12 ottobre 1915.

[49] Con d.l.9.11.1916, n.1525 fu introdotto anche una “imposta ai militari non combattenti”.

[50] L.Einaudi, La guerra e il sistema tributario italiano, Laterza, Bari, 1927, p.291. P.D’Aroma, La gestione delle imposte dirette dal 1914 al 1925, Roma, 1926.

[51] Vedi All. n. III, Comitato per la mobilitazione civile, I comitati regionali di mobilitazione industriale (1915-1918),Alfieri, Milano-Roma, s.d. (1930?), p.133

[52] Ibidem, p.145

[53] E. Cianci, Nascita dello Stato imprenditore in Italia, Mursia, Milano 1977, V. anche A. Caracciolo, Crescita e trasformazione…, op.cit., p.204

[54] ibidem, p.9

[55] Sempre in E.Cianci, op.cit., p.12

[56] V. La Riforma Sociale, giugno 1917. Successivamente Einaudi mutò parere e scrisse pagine violentissime contro quella che fu chiamata nel primo dopoguerra «l’economia associata», ossia più esattamente «mista», in parte statale e in parte privata, anche per le cessioni di beni statali a prezzi irrisori alle cooperative socialcomuniste (per es. 5 navi alla coop. Garibaldi). V.L.Einaudi, La condotta economica …, cit., parag. 116,119,120. V. anche a p.410, paragr. 179, oltre agli altri, sulla tendenza degli imprenditori a trasformarsi in burocrati.

[57] G. Rasi, La politica economica e i conti della nazione,  in Annali dell’economia Italiana, vol. VIII, tomo I, (1930-1938), in Ipsoa, Milano, 1983.

[58]  C. Mochi, Commercio e turismo, in Annali dell’economia italiana, vol. VI, tomo II, (1915-1922), Ipsoa, Milano, 1982.

[59] S.B. Clough, L. De Rosa, op.cit., p.243-244

[60] Cfr. G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol.VIII, La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l’avvento del fascismo, Feltrinelli, Milano, 1978, p.230.

[61] Cfr. R. Romeo, Breve storia della grande industria in italia,  Cappelli, Bologna, 1972 (IV ed. riveduta e ampliata; I ed. 1961), pp. 115-134. Cfr. anche S.B.Clough e L. De Rosa, op.cit., pp.229-282.

[62] O. Vitali, La popolazione attiva in agricoltura attraverso i censimenti italiani, Istituto di demografia della facoltà di Scienze statistiche, Roma, 1968, tab.I.

[63] Cfr., tra gli altri, il lavoro di G.Candeloro e lo studio di E. Sereni, La questione agraria nella rinascita nazionale italiana, Einaudi, Torino, 1946.

[64] C. Barberis, La società italiana. Classi e caste nello sviluppo economico, Angeli, Milano, 1976, p.42.

[65] Giulio Del Pelo Pardi (1872-1952), agronomo, studioso e ricercatore, fu anche dirigente di grandi aziende agricole. Diresse a Roma l’Ufficio tecnico agrario romano (UTAR), antesignano delle Cattedre Ambulanti di Agricoltura, trasformate nel 1936 negli Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura. Portano il suo nome particolari metodi di lavorazione e sistemazione dei terreni (terrazzamenti), di irrigazione e di scolo delle acque, nonché di speciali macchine per i lavori agricoli. Interessanti poi gli studi storici del Pelo Pardi sull’evoluzione della composizione sociale, fin dai tempi più antichi, determinata dalle diverse tecniche applicate alle attività produttive, specialmente agricole. Tra le sue opere notevoli: Per la pace nel mondo, Roma 1924; Femminilità e femminismo, Roma 1925; Gli attrezzi da taglio per uso agricolo in Italia, Roma 1933; Per una revisione dell’antichissima storia italica,Roma 1934. Nel suo libro Agricoltura e civiltà, Roma 1923, l’agricoltura viene considerata in senso globale come base per lo sviluppo civile dei popoli.

[66] v. nota n.28. Serpieri fu autore, nel 1923 della legge sulle trasformazioni fondiarie che sta alla base della legge emanata nel 1929 sulla bonifica integrale e del testo unico del 1933 noto come legge Serpieri. Sono sue le cinque Relazioni annuali sulla bonifica integrale pubblicate dal 1929 al 1934. Tra le sue opere: La montagna, il bosco, i pascoli. Studi sui contratti agra

                                                                                                                         Gaetano RASI

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