Nobuaki Tomita a La Sapienza
Preziosi ed eleganti, con prezzi fino a sei cifre, complicati da indossare tanto è vero che bisogna essere aiutati da una se non due persone, ma capaci anche di innovarsi, tra nuovi materiali e fantasie. È la riscoperta del kimono, l’abito tradizionale giapponese, raccontato dal maestro Nobuaki Tomita, stilista e designer famoso in patria per le sue preziose creazioni, soprattutto per musei, teatro e cinema. Tomita per un giorno ha assunto le vesti di professore per la facoltà di Scienze della Moda e Costume a La Sapienza di Roma, nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni delle relazioni tra Italia e Giappone. Un’amicizia lunga e proficua tra i due paesi, nata proprio sulla seta, quando nel 1854 una grave infezione delle colture dei bachi spinse gli imprenditori italiani verso il mercato giapponese.
”Il kimono – racconta il maestro Tomita, che da Kyoto vanta collaborazioni in tutto il mondo, compresa l’italianissima Cerruti – fino a poco tempo fa era utilizzato solo per le occasioni più importanti, ma oggi i giovani sembrano averlo riscoperto. Le ragazze si divertono a trovare vecchi modelli negli armadi delle nonne e a renderli più facili con nuovi accessori, giocando con un certo gusto un po’ retrò”.
Va indossata prima laveste avvolta intorno al corpo, sempre con il lembo sinistra sopra al destro (sia per gli uomini che per le donne), poi l’Obi, l’ampia fascia annodata sul retro; l’Haori-himo, la cinturina in corda e nappine che va stretta sopra; infine i calzini Tabi e le calzature a infradito. ”Attenzione – avverte Tomita – il kimono va ben stretto, perché non ha nessun bottone. E se non è stretto, bastano due passi per ritrovarsi con qualche problema”.
C’è la seta tinta con il limoncello di Sorrento (per omaggiare l’Italia), il costume del Samurai Shogun, quello del rango più alto, e quello dei semplici funzionari pubblici. E ancora, la veste dove i fili d’oro riproducono il motivo di un celebre videogame e il kimono al ”profumo di cioccolato” che Tomita, appassionato di fragranze tanto da chiamare il suo atelier in Giappone ”Tessere il profumo di Kyoto”, ha realizzato immergendo la seta nel cacao. Fino all’abito principesco che ricorda i costumi del teatro Kabuki. Dal classico si passa al moderno pensando alle più giovani con il kimono che sembra realizzato in blu jeans, con piccole fantasie satinate tono su tono. La seta variopinta e fiorata della cintura Obi in questo caso diventa poi anche pochette, custodia per tablet o un sacchetto porta-vino per le serate in compagnia,. ”L’Italia? Sono rimasto molto colpito dalla vostra tecnica tessile, davvero d’Alta Moda – prosegue il maestro – Per me è importante. In Giappone oggi molte creazioni vengono realizzate al computer. Io invece collaboro sempre con artigiani proprio per non perdere le antiche tradizioni. Conosco molti stilisti europei e mi piacerebbe in futuro continuare a collaborare. Ma soprattutto sono interessato ai giovani e allo scambio di idee e suggestioni che possiamo intrecciare”.