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Un doloroso problema della scuola

………QUANDO LA FAMIGLIA  E’  LATITANTE  

Tutti i quotidiani d’Italia hanno un articolo sulla scuola,sui programmi di studio, sull’educazione scolastica, ecc., ecc.,. E’ deprimente osservare che se ne parla soltanto, senza programmare e, soprattutto, senza indicare un vero e proprio rimedio. Che si aspetta? Si attende solo superficialmente un orientamento politico e non si affronta il problema che non è politico, ma è civile. Se si vuole un cittadino preparato ed onesto, se è vero che questo – come si diceva nel secolo scorso – si forma sulle ginocchia della madre, la causa dell’eterna lamentela sulla scuola è da ricercare anche nella famiglia.


Non c’è programma di studio, non c’è metodo che tenga se non si abitua il discente all’ordine ed a convogliare le sue energie verso il suo benessere fisico e psichico. Fisico, perché è un lavoro su se stesso anche praticare uno o più sport. Psichico, ed a questa voce va coordinata la terribile, temuta, combattuta parola dal 1968: volontà.
Da questa turpe data, la famiglia è scivolata verso una demente rinuncia: “vietato vietare”. Vuol dire che non si impedisce alle persone, a cominciare dai più inesperti, di seguire il proprio capriccio, con la scusa che l’essere umano è un buon selvaggio (Rousseau per primo si accorse che il suo ideale educativo era insufficiente) o per similitudine con gli animali (che, infatti, addestrano i propri cuccioli, senza lasciarli a se stessi) o, peggio, per paura di contrastare leggi e mode importate (i vari dott. Spock, o le sparate di Marcuse) che sono approdate in vari telefoni azzurri o che so io.
In termini spicci, padre e madre sono bloccati: se puniscono sono nazisti, se non puniscono creano depressi ed incapaci, destinati all’ospedale o alla miseria nera, a meno che una raccomandazione non sopravvenga. Padre e madre, in che cosa credono? Se essi credono che in noi c’è una scintilla di Dio, hanno un programma perché credono in se stessi, altrimenti, se per loro c’è il nulla, si lasciano andare e fanno spallucce alle bravate del pargolo, e questo finirà comunque male: anche in un rapporto affettivo, la sopportazione di un soggetto viziato ha un limite anche per Giobbe.
Ciò è difficile, ovviamente ….. è un serpe che si morde la coda: se una famiglia ha il senso della sua missione, il figlio o la figlia spesso sono in minoranza rispetto ai compagni che li sottopongono a vessazioni, e quindi essi cercano di bilanciarsi odiando o distogliendosi dai familiari, perché in età scolare conta molto il “gruppo” e spesso si traviano seguendo i violenti. Se una famiglia è “democratica” (invito chi fa uso di questa parola ad applicarla quando è il caso) lascia che il rampollo si comporti come una bestiola, non lo redarguisce quando non studia, ignora se insulta docenti e compagni (è un ragazzo!) e se è bocciato se la prende con gli insegnanti (mio figlio è dislessico, oppure: “come?? non studia??”  è solo lei che lo dice!). Da quale parte cominciare ? Da un Ministro coraggioso, che non smazzi – come le carte – gli orari e le diciture dell’organigramma, che non assembli quadri di imprese commerciali o industriali alla dirigenza scolastica: la scuola è differente.

901671_10200844408332658_305358018_o-150x150 Un Ministro che aiuti i genitori a fare i genitori, lasciando che loro tornino ad insegnare il rispetto, il controllo di se’, l’affetto  invece della concorrenza, la dignità del proprio comportamento, e vedrà che, qualunque programma o materia si segua, il  giovane futuro della Nazione saprà imporsi sulla pigrizia ed il capriccio, per la volontà applicata ai propri interessi.
Riprendo un ultimo allarme di vari organi di stampa che suggeriscono di evitare il lungo uso del cellulare, nonché le  dichiarazioni in merito di numerosi psichiatri e docenti – tra cui anche ALESSANDRO BERTIROTTI, un “antropologo della  mente” – i quali i quali sostengono come un eccessivo uso dei cellulari porti all’infingardaggine ed alla distrazione oppure all’  isolamento totale.
Quale genitore desidera per il figlio un futuro di nullità o di malattia?

Marilù Giannone