Report Caritas sulla povertà
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Report su povertà ed esclusione sociale di Caritas Italiana
Il Report su povertà ed esclusione sociale che Caritas Italiana ha pubblicato il 17 ottobre, Giornata Mondiale di lotta alla povertà, disegna uno scenario reale della situazione che milioni di persone vivono nelle nostre città. Vi diamo una sintesi del report che in forma integrale si può leggere suwww.caritas.it
1. POVERTÀ, TERRA DI NESSUNO. UTOPIE E ATTESE PER L’EUROPA DEL 2020
Nel 2012 un totale di 124,2 milioni di cittadini europei erano a rischio di povertà ed esclusione sociale. Sono 9,3 milioni i cittadini europei che soffrono di povertà ed esclusione sociale, in base agli indicatori Eurostat.
Rispetto all’obiettivo dell’UE di eliminare il rischio di povertà o esclusione sociale per 20 milioni di persone, i dati riferiti al 2012 ci dicono che solo sei Paesi hanno raggiunto o appaiono molto prossimi al proprio obiettivo nazionale (Olanda, Repubblica Ceca, Germania, Portogallo, Polonia e Romania), mentre almeno nove Paesi, tra cui l’Italia, sembrano molto lontani dal raggiungimento dell’obiettivo. L’obiettivo fissato per il 2020 dal nostro Paese è quello di ridurre di 2 milioni 200mila unità il totale complessivo di persone a rischio di povertà o esclusione sociale. Nel corso degli anni la distanza dell’Italia dall’obiettivo prefissato è andata aumentando: nel 2010, secondo i dati Eurostat, il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Italia era pari a 14.757.000 unità. L’uscita dallo stato di povertà di 2 milioni 200mila persone entro il 2020 porterebbe il totale di persone povere alla cifra di 12 milioni 557mila unità. Ma la situazione è diversa: in termini assoluti, dal 2010 al 2013 i poveri in Italia sono aumentati di 2 milioni 569mila unità: una cifra maggiore dell’obiettivo assoluto di “poveri in meno” previsto dal nostro Paese per il traguardo del 2020. Il Poverty Gap EU-2020, ossia la distanza dell’Italia dall’obiettivo del 2020, è ormai pari ad oltre quattro milioni e mezzo di persone.
2. IL CASO ITALIA: UNA POVERTÀ OLTRE GLI ARGINI
In Italia nel 2013 le persone in povertà assoluta risultano essere 6 milioni e 20mila; le famiglie 2 milioni e 28mila. L’incidenza della povertà risulta in continua crescita, attestandosi oggi al 9,9% per gli individui e al 7,9% per le famiglie. Dal 2007 (anno che anticipa lo scoppio della crisi) ad oggi i livelli di povertà risultano più che raddoppiati, palesando così tutte le difficoltà di un Paese che non conosce segnali di ripresa. I dati della statistica ufficiale consentono di evidenziare almeno due elementi: si sta assistendo ad una recrudescenza delle ormai note situazioni di criticità; accanto alle vecchie e irrisolte situazioni se ne aggiungono delle nuove, che definiscono inediti percorsi di impoverimento.
Di particolare gravità è la “questione meridionale”. Il Sud, che prima della crisi evidenziava
situazioni di svantaggio, sembra vivere adesso situazioni di autentico dramma sociale. Oggi nel Mezzogiorno le persone che non riescono a far fronte a quelle spese base, che garantiscono una vita dignitosa, sono il 14,6% del totale (il 12,6% delle famiglie). In termini assoluti si contano in queste aree oltre 3 milioni di incapienti, praticamente la metà dei poveri di tutta la nazione. Tuttavia non è solo il Mezzogiorno a registrare segnali negativi. Le aree del Centro e del Nord in poco più di un lustro hanno visto praticamente raddoppiare il peso dei poveri sul totale della popolazione. Infine se fino a qualche anno fa le categorie più vulnerabili erano perlopiù le famiglie di anziani, i nuclei con 5 o più componenti, le famiglie con disoccupati. Oggi a queste se ne aggiungono di nuove: nuclei di giovani, famiglie con uno o due figli, famiglie il cui capofamiglia risulta occupato (le cosiddette in work poverty).
3. LA POVERTÀ LETTA DAI CENTRI DI ASCOLTO “CARITAS”
Da gennaio a giugno 2014 si sono rivolte ai Cda inclusi nella rilevazione 45.819 persone .
Si registra un forte aumento dell’incidenza degli italiani tra gli utenti Caritas.
Tra gli assistiti oggi quasi uno su due è di nazionalità italiana (esattamente il 46,5%). Solo un anno fa, nel primo semestre 2013, la percentuale si attestava al 31,1%. È soprattutto il Mezzogiorno a registrare l’incremento più evidente: in queste zone gli italiani rappresentano il 72,5%. In termini di età prevalgono i giovani adulti della fascia di età 35-44 (27,1%) e di quella 45-54 (26,0%).
Tra gli stranieri risulta più alta l’incidenza degli under 34; tra gli italiani al contrario è più elevato il peso degli over 55. Rispetto alla condizione occupazionale prevale chi è in cerca di un’occupazione (il 62,7% del totale).
Diminuisce nel corso degli anni il peso degli occupati. Tale tendenza può essere letta come una conseguenza del calo di occupazione che sta vivendo il nostro Paese e che produce effetti ancor più negativi su chi, già prima della crisi, viveva situazioni di fragilità sul fronte lavoro: precari,working poor, lavoratori saltuari.
Come un anno fa prevalgono i bisogni legati a situazioni di povertà economica: più di un utente su due (il 54,3%) ammette di vivere in uno stato di deprivazione. Tali situazioni vissute in modo analogo da italiani e stranieri coincidono spesso con l’assenza di un reddito o con un livello di reddito insufficiente.
Seguono poi i problemi occupazionali (45,0%) e abitativi (20,1%).
Tra gli italiani non irrisorie le situazioni di chi vive disagi e vulnerabilità familiari (15,9%). Rispetto agli interventi prevale l’erogazione di beni e servizi materiali (56,3%); tra questi spiccano in particolare la distribuzione di viveri e di vestiario e i servizi mensa.
La seconda voce di intervento è quella dei sussidi economici, in particolare: pagamento bollette, contributi per le spese di alloggio, acquisto di generi alimentari, sostegno per le spese sanitarie. Tra gli interventi realizzati, alto è anche il peso delle attività d orientamento, in crescita rispetto al passato; a beneficiare di tali servizi sono soprattutto i cittadini stranieri, presumibilmente i più fragili sul fronte amministrativo-legale. In molti, infine, hanno beneficiato dei soli interventi di ascolto, magari in profondità e reiterati nel tempo.
* Dati raccolti nel corso nel primo semestre 2014 provenienti da 531 Cda (18,7% del totale) in 85 diocesi (38,6% del totale)
4. LE RISPOSTE ANTICRISI MESSE IN ATTO DALLE CHIESE LOCALI
Nel corso del 2013 Caritas Italiana ha supportato le Caritas diocesane, con sostegni economici ad hoc, nella realizzazione di interventi di contrasto alla crisi economica in atto. Il peggioramento delle condizioni economiche di molta parte della popolazione ha reso necessario potenziare gli interventi di supporto in ordine soprattutto ai seguenti ambiti: abitazione, lavoro, spese di prima necessità, sostegno al credito. Da giugno a dicembre 2013, ha presentato richiesta di rimborso il 76% delle Caritas diocesane.
Fra le tipologie di spese sostenute, la prevalente risulta essere quella dei contributi al reddito, che assorbe il 39,6% dell’ammontare complessivo di spese rimborsate, seguita dall’acquisto di beni di prima necessità (32%). In modo particolare, al Sud hanno prevalso nettamente le spese destinate alla costituzione di fondi di garanzia presso istituti bancari per la realizzazione di attività di microcredito all’erogazione di contributi al reddito e per il sostegno alle esigenze abitative. Mentre al Nord risultano prevalenti le spese per i voucher.
5. POLITICHE DEBOLI, IN UN ORIZZONTE TEMPORALE POCO DEFINITO.
LO STATO DELLE POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ IN ITALIA
Il 2015 non sarà, per il nostro Paese, l’anno della svolta. Il quadro economico è segnato da indicatori ancora più negativi degli anni precedenti. Una Europa, secondo la BCE, con una ripresa stentata, e il nostro Paese tendenzialmente in deflazione, con tassi di disoccupazione al più stabili ed effetti ambivalenti delle politiche governative in tema di rilancio dell’economia. Ma anche le misure specifiche anti-crisi finora introdotte non hanno generato effetti rilevanti (poco meno che una famiglia in povertà assoluta su quattro ha avuto il “bonus di 80 euro mensili” introdotto dal Governo Renzi).
A meno di ulteriori sviluppi finora non annunciati, l’onda delle povertà assoluta al 10 per cento nel nostro Paese verrà contrastata dal probabile rifinanziamento della social card tradizionale, dalla prosecuzione delle sperimentazioni previste già dal governo Letta, dall’avvio progressivo dell’utilizzo delle risorse del FEAD, il nuovo fondo europeo per sostenere i cittadini sprovvisti di beni essenziali. A nostro avviso, queste misure non sono in grado di prendere in carico le povertà vecchie e nuove del Paese, e questo anche a causa del carattere eccessivamente categoriale di molti di tali provvedimenti, limitati a segmenti di famiglie in condizioni di disagio. Inoltre, il carattere sperimentale di molte novità legislative rischia di trasformarsi in un alibi per perenni strategie dilatorie, di rinviata presa in carico istituzionale del problema della povertà e dell’esclusione sociale in Italia.
Condividiamo la necessità espressa dal ministro Poletti di un piano nazionale di contrasto alla povertà, a patto di rispettare alcune cautele: avviare un lavoro di consultazione con la comunità civile, i soggetti sociali e istituzionali; comunicare in modo trasparente i risultati delle sperimentazioni; definire le tappe di una roadmap in grado di qualificare in senso sussidiario il sistema di protezione sociale territoriale; fondare sempre le nuove proposte su attività di studio, in grado di quantificare i fabbisogni sociali dei diversi territori.
A quest’ultimo riguardo, pesa la scomparsa della Commissione nazionale di indagine per l’esclusione sociale, provocata dai tagli al bilancio del Governo Monti, e di altri luoghi di consultazione sociale e scientifica, in grado di superare pregiudizi e luoghi comuni sulla povertà.
Per tutte queste ragioni Caritas Italiana ha promosso – insieme ad altri soggetti sociali e forze sindacali – l’Alleanza contro la povertà in Italia, allo scopo di sensibilizzare il Paese su questo tema e proporre una nuova misura
di contrasto universale ai fenomeni connessi, il Reddito di inclusione sociale, in una forma progressiva e sostenibile sul piano della finanza pubblica, per fornire risorse e progetti di inclusione a quanti vivono sotto la soglia della povertà assoluta.